Via Crucis Vivente Le pietre della Passione di Dario Tazzioli

STORIA SECOLARE DI UN EVENTO UNICO

Tratto dal libro PIETRA SU PIETRA DAGLI INTIMI RICORDI, di Giuliano Tollari
  1. Storia secolare
  2. Canossa, i Monaci, l'Abbazia
  3. Nel Medioevo
  4. Nella chiesa nasce la devozione a Cristo morto
  5. Una strana processione
  6. Testo integrale manoscritto
  7. Le stazioni un po' diverse

Storia secolare

La storia millenaria della antica Sacra rappresentazione corre parallela a quella del paese quasi a testimoniare splendore e decadenza, miti e magie di antiche tradizioni popolari che si fondono nelle suggestive e spettacolari immagini della reviviscenza della passione.
Essa è scolpita nelle rughe del nostro passato e in tutti gli animi dei cittadini di Frassinoro.
Rifarsi alle origine di questa tradizione è come ripercorrere quasi mille anni di storia partendo da quella dell'antico Monastero Benedettino.
Non si possono narrare le vicende della Via Crucis vivente della passione di Cristo, senza ripensare alla Storia della gloriosa Abbazia Benedettina.

Canossa, i Monaci, l'Abbazia

29.08.1071 Beatrice di Canossa, vedova del Marchese Bonifacio, madre della più nota e famosa Matilde, con un atto solenne e pubblico, la così detta Donazione diede al Monastero, che sta per essere edificato in Frassinoro, dodici corti.

Nel Medioevo

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Il capoluogo nel XII secolo era un tipico borgo medievale e non si discostava dagli altri centri sorti in quell'epoca.
Il baricentro anche geografico, del paese,era ovviamente la ricca e potente Chiesa, con il convento benedettino.

Nella chiesa nasce la devozione a Cristo morto

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Altra importante tappa storica viene determinata dalle origini della nascita della celebrazione religiosa della passione del Cristo.
I riti, le manifestazioni religiose popolari, si collocano in modo particolare sulle orme immediatamente successive a questo importante momento, che ha, ovviamente, condizionato in modo determinante la nascita di culture religiose in quell'epoca.
Le origini della pratica devozione della contemplazione della passione coincidono con la nascita e il fiorire dell'abbazia benedettina di Frassinoro,la Via Crucis quale pratica religiosa nasce in quell'epoca di splendore storico medioevale.
Era ben chiaro che, sin dai primi momenti della sua vita, la Via Crucis fu istituita come occasione di penitenza e sacrificio. Come da altre parti, la settimana "Santa" veniva considerata momento preparatorio alla Pasqua, per rivivere il sacrificio di Gesù morto per noi in Croce.
Si effettuavano digiuni, sacrifici e astinenze per la redenzione ed espiazione dei peccati. Così il popolo che viveva nelle corti delle terre della Badia giungeva, affrontando le diverse difficoltà del tragitto, considerandolo come atto penitenziale, recarsi in pellegrinaggio fino al monastero benedettino.
Era anche in uso, in quel tempo, portare in processione a spalla il Cristo morto.
Questo tipo di professione religiosa, molto diffusa in grande parte della penisola ed in particolare nei paesi del meridione e del centro, ebbe le sue origini nei secoli XII-XIV.
Anche a Frassinoro si svolgeva questo tipo di processione, proprio il venerdì Santo di passione.

Una strana processione

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I religiosi dell'abbazia istituirono la processione del Cristo morto, assieme all'adorazione della Croce e del sepolcro. E' facile presumere che in prossimità della santa Pasqua fu emanato, per il popolo delle 12 corti, un bando dell'abate nel quale si richiedeva ai cittadini di partecipare alla veglia e alla processione del venerdì santo.
Tantissimi fedeli, superando tutte le difficoltà di un trasferimento per monti e per valli, obbedirono al bando dell'abate e giunsero a piedi, da ogni parte, fino alla Badia. Furono colti da sorpresa anche i frati del monastero. La grande chiesa era insufficiente per accogliere tanta gente.
Il piccolo tracciato, stabilito dal crociato, non era abbastanza lungo per la moltitudine dei fedeli. Si provvide così, ad allungarlo scegliendo quello utilizzato per le grandi processioni, percorrendo tutte le strade del paese, compreso Cà de' Giannasi.
Da allora sino all'inizio del 1900 la Via Crucis cresce e si consolida nelle radici profonde del paese. Si scorge nei solchi delle rughe del passato e a testimoniare il trascorso viene ritrovata una traccia puntuale con una memoria scritta. L'autore è il parroco di Frassinoro che resse la Chiesa dal 1904 al 1912: don Francesco Bernardi.
Infatti, il fedele manoscritto è una preziosa pagina di un vecchio diario redatto il lontano 13 aprile 1906 da Don Francesco Bernardi Arciprete di Frassinoro, ricordato dai suoi parrocchiani soprattutto per la polemica divampata, a quei tempi, per la decisione assunta dal prete di far abbattere il campanile perché dichiarato pericolante. Polemica che poi lo costrinse a rinunciare l'incarico di parroco a Frassinoro.


Nel manoscritto lasciato a don Francesco Fiori, don Bernardi scrive testualmente:

Testo integrale

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Processione del Cristo Morto: Fu in quest'anno la prima volta che io feci la solenne processione del Cristo Morto la sera del Venerdì Santo che cadeva il 13 aprile 1906.
La giornata era bella e si fecero i preparativi, come meglio si poté.
Dopo fatta la funzione della mattina si preparò un suntuoso Catafalco cogli stemma della Passione dove venne collocato il Cristo morto e circondato da molti lumi.
Nel pomeriggio i fedeli si radunarono all'esercizio della Via Crucis e dopo si ritirarono alle loro case. Finalmente verso l'Ave Maria si lesse la coroncina e dopo di far la predica della Passione fatta da me Arciprete e finalmente sfidò la Processione del Cristo morto solito a farsi ogni tre anni.
Quanto riuscisse bella non è possibile descrivere. Il Borgo di Frassinoro era illuminato magnificamente, i Ponti e una parte di Cà de' Giannasi.
Vi si vedevano di quanto in quanto rappresentate le stazione della Via Crucis.
Insomma era uno spettacolo. Se nonché verso la fine della Processione il tempo si fece minaccioso e l'acqua venne a disturbare la Processione, e si dovette tosto camminare alla meglio in Chiesa: tanto era il buio e la pioggia dirotta.
Però tutto si fece con buon ordine e senza che accadesse il minimo disordine. Ciò serve come di memoria ai posteri di quanta fede fosse ripieno questo popolo».

In queste suggestive e significative righe si trovano precisi elementi di rituali che ancora oggi sono di attualità: la periodicità triennale e le difficoltà da sempre incontrate per la riuscita, generate soprattutto dalla inclemenza del tempo e dalla complessità degli allestimenti dei quadri.
La suggestione trasmessa dall'Arciprete Don Bernardi è la testimonianza di quanto ancora oggi si prova nell'essere partecipi a questo spettacolare momento. Nel 1906 l'Arciprete tiene a precisare quanto sia ben illuminato il paese, quanto siano laboriosi i preparativi che precedono la "processione" e quanto sia radicata la fede del popolo di Frassinoro.
Dopo novant'anni resta ancora tutto intatto come allora; i preparativi, l'illuminazione, le profonde radici di fede: sono le speciali motivazioni che danno la carica per fare di un momento di fede un importante appuntamento religioso-popolare di rara bellezza.
Dopo queste evidenti considerazioni diviene importante porre l'attenzione ad un particolare riferimento contenuto nello scritto. Si tratta di un preciso "richiamo" che non deve sfuggire al fine di una precisa rilettura storica di tutto quanto fin qui descitto.
Come si può notare, nel "diario" lasciato da don Francesco Bernardi, una frase viene ripetuta per ben tre volte. L'arciprete di Frassinoro definisce la Via Crucis come la:

«.Processione del Cristo Morto...».

Questo interessante passaggio dello scritto, ci induce a considerare che, fino all'inizio del corrente secolo, la locale manifestazione del venerdì Santo era ancora, come nei tempi passati alla memoria, la solenne processione frassinorese fedele espressione religiosa della devozione al "Cristo Morto".
Questo particolare diviene fondamentale nella riscoperta di quelle che sono gli inizi della tradizione di fede cristiana tramandata ai frassinoresi fin dal lontano Medio Evo.
Non è un caso che la chiesa locale conservi per tanti secoli questa eredità. E' comunque una chiara indicazione che il lascito benedettino scorre ancora tra le vene degli abitanti del centro appennico. Il fascino di un passato, sicuramente molto profondo, mai perso nel tempo.
Ancora oggi molti ricordano che la Via Crucis vivente aveva inizio solo dopo l'uscita dalla chiesa della statua del Cristo deposto dalla croce e morto, questa veniva portata a spalla da alcuni uomini per tutto il paese lungo il percorso della Via crucis.
Solo negli anni 1930/40 l'immagine veniva sostituita dalla "Croce avvolta nel sudario" e successivamente, negli anni '60, questa veniva anche spogliata dal sudario.

Le stazioni un po' diverse

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Scavando nei ricordi si può andare ancora all'indietro con i racconti e le leggende lasciati dai testimoni nati all'inizio del secolo che suscitano fantasie e curiosità negli animi di chi, in qualche modo, vive questo evento.
Le narrazioni lasciate si rifanno ad un tempo circoscritto tra gli anni 1831-1913. Si dice che all'epoca le "stazioni" erano situate all'incirca negli stessi posti dove sono ancora oggi collocate, fatta eccezione di alcune variazioni come quella che era "nell'Ara di quelli della Pigoncella". Si ritornava poi nell'attuale percorso "girando attorno ad un palo".
Le stazioni invece erano "diverse" e le modalità sceniche erano scarne. Alla mattina del venerdì santo, venivano costruite delle piccole "capanne" fatte da "frasche" e ricoperte da un telo bianco. Lì sotto si mettevano in posa gli "attori" dell'epoca. L'illuminazione era fatta di torce, fuochi e lucerne.
L'accorgimento adottato, anche se rudimentale, era pratico. Riusciva a raccogliere in questo modo tutti i personaggi, diventando molto efficace la poca scenografia. Veniva ben utilizzata la scarsa illuminazione in dotazione a quei tempi: in questo modo la visione della scena era comunque completa. Bisogna non dimenticare che, all'epoca, non esisteva l'illuminazione artificiale.
Il riparo studiato proveniva dell'esperienza vissuta nelle lunghe giornate trascorse all'aperto per il lavoro della terra e del bosco. Era un "capanno", o più comunemente chiamato "padiglione", che diventava anche utile per proteggere gli "attori" da eventuali perturbazioni atmosferiche e sicuramente dalle basse temperature.
Là dove era possibile ovviare alla costruzione "dei capanni" venivano allestite stazioni all'interno di edifici. Le possibilità utilizzate erano presso i negozi che si trovavano lungo il tracciato, ma anche sotto i porticati e le tettoie di stalle e ovili.
I personaggi erano scarsamente truccati, il Cristo era vestito con un lungo camice bianco che conservava anche sulla Croce, nella deposizione e nel Sepolcro.
Gli altri personaggi adottavano i vestiti dell'epoca, modificati alla meglio per essere più vicini alla parte. Alcuni si spogliavano a dorso nudo interpretando così i giudei, altri portavano sulle spalle pelli di pecora e tenevano nelle mani corde, scale e fruste.
Coloro che interpretavano i soldati romani avevano lance e spade di legno costruite per l'occasione, e i più mettevano elmetti trovati dopo i conflitti bellici o lasciati usare da qualche milite.
Non era difficile,infatti, vedere anche fino all'ultimo dopoguerra personaggi vestiti proprio come i militari dell'epoca, addirittura con le fasce ai piedi usate dai soldati nella prima guerra mondiale, elemento della divisa militare.
I personaggi, che prendevano posto nei "capanni", non erano moltissimi. Le stazioni mettevano in risalto soprattutto la posizione del Cristo che doveva in quel modo far capire in quale stazione era ambientata la scena.
Singolare era la posizione del Cristo in croce. Bisogna tenere presente, in premessa, che questi "capanni" sistemati erano simili a quelli adottati dai pastori del posto per ripararsi dalle intemperie durante i lunghi periodi trascorsi all'aperto portando al pascolo il gregge.
In considerazione di questo, anche l'altezza delle nicchie fatte per la Via Crucis non era molta. Infatti si presume che fossero addirittura più basse dei due metri. In quello spazio limitato veniva collocata in piedi una piccola croce. Il personaggio che interpretava Cristo si metteva poi in "posa" non salendo sulla croce, ma sistemandosi davanti ad essa ed allargando le braccia simulava così la crocefissione.

Davanti alle stazioni, alle finestre delle case tenuemente illuminate dalle candele,venivano attaccate, le figure ritagliate nella carta raffiguranti il gallo, la croce, la corona di spine, il calice, il martello e la tenaglia, simboli questi della Passione di Cristo.

Sicuramente, come viene da più parti confermato, la periodicità era all'epoca stabilita, come in passato, ogni tre anni.

 

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ultimo aggiornamento 16.04.2021 | CREDITI